Susanna Schimperna

Susanna Schimperna e Marco Filippa

Il tema di Alfabeto morso (mi riferisco al testo di Sergio Gabriele) è, in qualche modo, reso visibile e al contempo nascosto nel gioco di parole scelto come titolo di questo progetto artistico; annuncia qualcosa non
rinunciando a decretarne la sua fine. L’interesse indubbio per il virtuale affonda le sue radici nella superficie della contemporaneità e sul ruolo che la comunicazione assume oggi con la rete. I social network sono divenuti da
tempo un non-luogo, dove il personale e il politico si sfiorano; il governo cinese ne ha compreso pienamente la dimensione, sapendo blindare egregiamente la rete. Yoani Sanchez è una delle dimostrazioni viventi di quello che si può fare con un semplice blog. Dalla Tunisia all’Egitto, fino alle recenti sommosse Libiche, le nuove generazioni ri-voltano il mondo dimostrando, se occorreva dimostrarlo, della necessità di libertà, democrazia. Nelle democrazie reali (così com’era nei paesi del comunismo reale) stenta invece ad avanzare il nuovo azionismo virtuale e le censure in rete vedono l’Italia in pole position. Ti offro un giro a 360°, Susanna, a te la parola.(Marco Filippa)

Questa non è la parola: è la scrittura e il fraintendimento la scrive lunga (non dice, nota bene).
E' così che i più attenti cadono nella rete che li pesca nel mare del "virtuale"; ma la rete è a maglie larghe e noi sappiamo districarci senza farci pescare.
La censura italiana è risibile. Ancora. Godiamo di un momento magico, di libertà che rischiamo di non valutare appieno. Scatta la censura in presenza di nomi di politici, di insulti ben noti, di immagini di nudi. E' dunque uno scherzo non farla scattare. Al momento possiamo veicolare idee e persino linee guida di portata rivoluzionaria senza che la rete se ne accorga. A noi lo sforzo di essere incisivi. A noi ricorrere a contenuti e non a slogan. Purtroppo tutto questo finirà presto, e il rimpianto enorme sarà di non aver capito e utilizzato come sarebbe stato possibile questo spazio miracoloso, mai sperimentato prima, imparagonabile a qualunque altra cosa.
Sulle illusioni virtuali: io penso che non siano tali. Tutto dipende dai modi d'uso degli spazi interiori ed emotivi.
I migliori sanno da sempre che «la realtà non esiste» (cfr. canzone di Claudio Rocchi) e come la nostra unica, residua, imperitura, inalienabile libertà sia nel campo della scelta di atteggiamenti e metodi per confrontare gli accadimenti che subiamo senza avere purtroppo potere alcuno sulle loro dinamiche (per quanto è in nostro potere bastiamo noi ad esserci nemici: dagli amici, si diceva, ci salvi Dio. Vale anche per i senza Dio, credo).
La scommessa si gioca sul terreno della nostra capacità di "sentirci" liberi e comportarci come tali in una dimensione - il virtuale che ora ci collega a una gran parte del mondo - in cui a me personalmente sembra che davvero possiamo esserlo. Finché non verrà trovato un sistema per toglierci la libertà online (quello cinese fa molti danni ma non funziona quanto potrebbe). Ovvero: a breve. A te. (Susanna Schimperna)

Un’annotazione a margine: sto facendo un’altra intervista all’artista Robert Gligorov, relativamente alla sua recente mostra al PAC a Milano, e nell’introdurre la prima domanda, ho fatto riferimento e Niente è come sembra di Franco Battiato (canzone e film al contempo) e tu citi, giustamente, la canzone di Claudio Rocchi (di cui ho perso le tracce ritrovandolo però su FB). L’immaterialità del reale è in qualche modo sempre più vera da quando esiste la rete e gli artisti, il mondo dell’arte, stanno cogliendo questa nuova opportunità. Elena Privitera fu tra le prime galleriste ad utilizzare la rete con il suo progetto Maionese, e all’inizio, come tutti i pionieri, fu snobbata portando l’En Plein Air nel mondo del virtuale e nel 2002, con la mostra Il peso del virtuale e, ancora prima, nel 2000 con Soap opera che indagava il presente non solo mediatico. Ricordo poi l’evasione virtuale di Santino Stefanini (carcerato di San Vittore) realizzata da Laurie Anderson nel 1998 con la complicità di Miuccia Prada e Germano Celant. Insomma il virtuale avanza ed è semplicemente un altro aspetto della caleidoscopica realtà. Temo anch’io che non abbiamo ancora compreso pienamente la potenzialità, veramente globale, della rete. La dimensione del virtuale, per quanto si possa avvalere di trasmissione di dati di tutti i generi, rimane uno spazio altro, una nuova terra in cui il locale coincide col globale. Mai come ora il precetto di Beuys, la rivoluzione siamo noi, è stato così potenzialmente a portata di mano anche se nulla esclude che ci possa sfuggire questa potenzialità. I tentativi subdoli di imbrigliare la rete oramai sono tanti; occorrerebbe spingere l’acceleratore per andare verso l’e-democracy non dimenticando il potenziale ecologico insito nella rete. Nei tuoi pensieri risuona un pessimismo o un semplice realismo verso l’uso dei new-media e l’incapacità di cogliere la loro portata. Avaaz.org è uno dei tanti acceleratori: ci schianteremo o decolleremo? 
(Marco Filippa)

Arte e Web. Un confronto interessante. Se consideriamo cosa sia il potenziale nell’arte, non possiamo che accorgerci, con stupore e felicità, che risiede in qualcosa di molto semplice: la dimensione estetica. Solo in un secondo momento siamo costretti a notare che, come tutte le cose semplici, la dimensione estetica è irragionevolmente e direi addirittura razzisticamente complessa. Tocca in sorte a pochi, per quanto la nostra speranza sia che questa realtà dipenda da fattori sociali e dunque mutevoli, rimediabili. Il potenziale della rete, invece, è nella prassi unita alla razionalità, all’immaginazione (che è cosa diversa dalla fantasia, humus dell’arte), alla capacità di sintesi. Molto difficile. Molto più alla portata di una task force prezzolata per scopi politici-finanziari o comunque motivata unicamente da interessi economici, perché capisci bene che l’artista può essere solo, mentre un movimento trascinatore che si serva di Internet muore di asfissia se avviato e portato avanti da una sola persona, non importa quanto geniale. Chi è diventato noto attraverso la rete è infatti stato rapidamente (e bene per lui/lei) cooptato dagli altri media, perdendo le proprie peculiarità. Sono pessimista? Sì. Ma proprio perché vedo tante difficoltà, spero in uno scatto di orgoglio degli individui, in un movimento dal basso, in un’aggregazione su base egualitaria che preceda e renda inefficace qualunque tentativo di ufficializzare, imbrigliare, condizionare. Non sarei anarchica se non nutrissi fiducia nella possibilità umana di capire ciò che è più conveniente, sano, utile (per sé e per tutti: la coincidenza mi pare ovvia e prima o poi diventerà intuitiva). Riguardo a questo discorso, l’utilità è mettersi insieme, da esseri liberi, e insieme gestire ciò su cui il singolo può incidere solo a tempo limitato e in uno spazio minimo. (Susanna Schimperna)
Aprile 2011
progetto logo Alfabeto Morso
esposizioni dal'94

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