Serghej Rutinov

One day  at a time

Tempo.....tempi....
Sostantivo "declinabile" all'infinito; concetto figurabile in
migliaia di immagini ma inconoscibile e relativo, soggetto
alle singole accezioni di ciascuna individualità.
Il tempo vive nell'inafferrabilità dell'attimo
fuggente, lungo una linea biunivoca, che concepisce un divenire
avvolto su se stesso, in un circolo continuo tra passato e futuro.
Un luogo in corsa composto da miriadi di atomi temporali, in una
relazione di interdipendenza costitutiva.
Ognuno ha il suo tempo, una personale percezione come punto di vista,
ritmo, emozione.
Minuti di istanti; ore di minuti; giorni di ore; mesi di giorni
e poi anni,secoli, millenni fino a perdersi nel gorgo del tempo.
Ogni istante, ora, giorno..... è come un'ansa, uno spazio da
catturare e conoscere, focalizzato da innumerevoli linee di
attenzione, per un quadro d'insieme in continua via di definizione.
Così "One day at a time" è un progetto espositivo che invita a un
incontro,a una riflessione in cui lo sguardo finale possa raccogliere
diversi punti di osservazione sul tempo.
Un momento per volta, un giorno dopo l'altro anche per imparare a
vivere.Immersi in un'attualità dove il tempo sfugge sempre più, in
dissolvenza veloce, come una corda strappata che brucia le mani.
Senza pause per gli occhi e l'anima, in un regime di cannibale
consumismo temporale che scolora la vita, senza conservarne le tracce.
Riappropriamocene aprendo lo sguardo e la mente a una pluralità d'insieme,
anche attraverso una mostra che vuol lasciare immagini, racconti e
sensazioni, per proseguire in una continuità di orizzonti e pensieri aperti.
Guidati dalle parole dei testi di Alberto Barbero sul "tempo di riflettere",
Marco Aime
sul "tempo antropologico", Margherita Hack sul "tempo cosmico", Marco Robino sul "tempo ritmico", Andrej Temnikov sul "tempo letterario", PinoGuglielmo sul "tempo nell'opera d'arte".
Ma soprattutto condotti dai poemi visivi dei giovaniartisti invitati, tra pittura, fotografia e installazioni. Opere che bloccano l'istante, l'emozione e l'ispirazione, coagulandole in segno e colore, materia temporale in tensione rappresa.
Come perle, regali trattenuti, memorie salvate da portare con noi.
Ventidue artisti che ci presentano la loro immagine e sensazione del tempo,in un confronto di universi creativi che apre dialoghi con ciascuno di noi, per mettere in moto una circolazione di scambi e energie.
Un flusso che arriva e alimenta l'evento parallelo della biennale torinese,
BIG Torino 2000.
BIG : una manifestazione costituita da centinaia di voci, giovani da tutto
il mondo che sciolgono i confini di una città verso orizzonti lontani.
Un'onda che dal cuore di Torino si espande in decine di luoghi d'arte
contemporanea del territorio, una costellazione di punti interattivi che
delinea un teorema dal respiro ampio, libero. Un vitale progetto in
crescita per un'insieme di percorsi dinamici, che da En Plein Air si
sofferma sul tema del "tempo", presentando diverse categorie figurative e
semantiche per un viaggio trasversale nella definizione temporale.
Velio Aresu estrae le sue esili installazioni da un "tempo antico", quello
della cultura sarda della civiltà dei nuraghe, per lui origine e terreno di
ricerca sentimental-concettuale. Leggere e aeree strutture in tensione di
fili d'acciaio e piccole maschere della tradizione, con arcane
contaminazioni tra passato e presente.
Un magico "tempo alchemico" per Stefano Martino, che sulla tela sperimenta
un laboratorio materico tra catrame, solfato, foglie d'oro e altro ancora,
per dar vita a una pittura segnica di rarefatte forme simboliche.
Poi c'è il "tempo interiore", quello in ascolto istintuale e sintonizzato
sulle frequenze interne. Come "I sospesi" di Ada Mascolo, corpi e anime
divenuti essenziali e morbide forme rosse, segni umbratili di pittura
all'acqua dalle atmosfere orientali. Un senso di vertigine prende invece i
corpi senza volto di Walter Visentin, uomini travolti, fatti di carne e
muscoli, senza punti di riferimento spaziali, in psichedelica rotazione su
un baricentro emotivo interiore.
Oppure lo sprofondamento nella materia di Giovanna Giorgetti, che entra
dentro, tra le molecole fisiche della realtà, dipingendone le geometriche
strutture compositive con tinte pop.
Vicino per empatia è il "tempomentale", con universi visivi più razionali e filosofici, che in Flavio Favelli crea racconti calligrafici di iscrizioni del cuore. Parole dialfabeti lontani incise su vetri sabbiati, cardio-scritture di un animo che
ragiona. Per Luca Bernardelli invece sono composizioni fotografiche che
lavorano sulla sua immagine. Un doppio corpo/identità tagliato, riprodotto
e assemblato in forme altre, possibili.
Così il "tempo quotidiano" sospeso e bloccato di Antonella Sportelli, fatto
di oggetti comuni scelti e ingranditi dall'occhio fotografico. Con giochi
di ironia ambigua tra immagine e titolo, come nel magrittiano "La voce dei
venti" in mostra.
Mentre in un "tempo della memoria" agiscono altre tre artiste presenti.
Paola Zanini continua un discorso installativo legato all'icona delle sue
bambine, fanciulle del secondo dopoguerra, ripetute in un ossessivo
ritorno. Fotografie in b/n stampate su materiali diversi e poi sparse come
ombre su acqua, pareti, ambienti.
Delfina De Pietro invece smembra le immagini fotografiche di volti a lei
noti, figure di un passato in frammenti ridefiniti su carte geografiche,
che alludono al territorio come prigione per l'uomo, e ipotizzano altri
luoghi di vita e storie nuove. In collage dal titolo "Prigioniero".
I montaggi fotografici di Roberta Meccoli salvano e identificano persone e
identità da lei colte in viaggi e passaggi, presenze vaganti nei ricordi, a
cui dare collocazione : ritratti e insieme scorci di ambienti urbani e
quotidiani.
C'é poi il "tempo meta-reale", in cui un sur-reale assurge a colorato
fumetto in bilico tra ironia e cinismo, dalle emanazioni inquietanti e
dalle mille contaminazioni. Sono le figure di personaggi alieni su fondi
argentati di Michele Dieli, irreali e allucinanti. Psichedelia da comics
velatamente macabra, che parla di identità mutanti all'interno della nostra
società, dove si possono cambiare e scegliere parti del nostro corpo.
L'universo figurativo di Carlo Galfione focalizza l'uomo, superficie per
elaborazioni grafiche che metaforizzano riflessioni e scavi sull'essenza
dell'essere contemporaneo. Pelle come materiale su cui disegnare, carne
come volume da modellare, per creature che trasfigurano la loro identità
singola e collettiva in un immaginario virtuale.
E per Ciro Cirri divertissement leggero tra realtà e finzione, con un
piccolo scherzo, che dal capezzolo di un imponente seno fotografico fa
uscire e materializzare una bianca goccia di latte in ceramica.
Il "tempo delle favole" per il gruppo Eya, composto da Magda Selis e
Alessandro Vallainc, che lavora a sculture in stoffa, animati giocattoli in
pezza dalla morfologia organica e antropomorfa, con gambe e braccia. Esseri
di un mondo magico e fantasy, come le immagini di Meredith Vula-Lala.
Spaventapasseri, alberi e abitanti di un mondo naïf, immersi nell'atmosfera
di antichi racconti di contadini attorno al fuoco. Fate, natura vivente,
notti tempestose e albe silenti di un bosco incantato.
Il "tempo simbolico" é una dimensione concettuale e iconica, di alfabeti
figurativi metaforici. Per due artiste l'attenzione si é fermata sulla
forma del "cervello", in installazioni ambientali raffinate e
intellettuali. Parte anatomica in cui si condensa la vita : intelletto,
emozioni, azione, memoria. Il centro cumulativo e propulsivo di ogni
identità.
Per Maria Luisa Tadei sono cervelli in bronzo che galleggiano nell'acqua,
sospesi nell'aria dentro trasparenti contenitori. Pensieri puri. Essenza
nuda. Come quelli di Caterina Luciano in resina, appoggiati specularmente
su due grandi lastre di pietra bianchissima.
Vicini per tratto espressionista e potenza gestuale rappresa nel segno e
nel colore sono Gao Yang e Rikke Hostrup, all'interno di un "tempo fissato
sui volti". Galleria di ritratti per racconti personali, frames di storie.
Donne selvagge e libere per Rikke Hostrup, eroine di un immaginario
avventuroso e romantico reso con una pittura liquida.
Mentre per Gao Yang un bambino -suo figlio- é protagonista con i suoi
atteggiamenti e le sue pose, in un ciclo pittorico che assomiglia a una
narrazione biografica per immagini.
Nel "tempo della maschera", teatro del travestimento e della simulazione,Laura Ambrosi e Silvia Donini immaginano sculture e installazioni. PerLaura Ambrosi i vestiti diventano forme, opere, vestigia di atti e corpi.
Tracce artistiche di costumi indossati, tra arte, vita e moda. Un
guardaroba personale di trasparenti sagome ritagliate nel plexiglas, capi
fissati nelle loro sinuose morbidezze di tessuto, che la sera
dell'inaugurazione sfileranno indossati da chi accetta il gioco.
Silvia Donini invece crea dettagliate micro messe in scena dal sapore
fiabesco, piccoli teatrini animati da personaggi plasmati col pongo e la
plastica, e poi disposti su diversi livelli come un palcoscenico a più
sipari. Favole in miniatura intitolate "C'era una volta..."

Olga Gambari Marzo 2000
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