Andrea Chidichimo
Proprio della ricerca di Andrea Chidichimo è il percorso rigoroso che tende ad approfondire i temi 
dell'immagine e della pittura, nel reciproco rapporto di legittimazione. La pittura rende possibile 
l'immagine e l'immagine chiede alla pittura d'essere resa sensibile. 
Nell'indagare il legame tra pittura e immagine Andrea Chidichimo si interroga sulla necessità che 
l'una è per l'altra, ma in primo luogo, sperimentando una sottrazione sia dell'una che dell'altra, 
fino al limite estremo dell'assenza. Dipinge spesso, infatti, senza usare gli strumenti tradizionali della pittura, 
ma aiutandosi con processi casuali come può esserlo il fumo di una candela o i prodotti di una 
combustione. In ciò recupera una radice antica del dipingere, quella di un popolo primitivo o di un bambino. 
D'altra parte l'immagine risente di un'origine caotica e imprevedibile, presentandosi vicina 
all'astrazione. È possibile ancora scorgere delle figure, animali o oggetti, ma scompaiono non 
appena le si fissi e quel che è un dettaglio riconoscibile diviene un guizzo di colore. 
La tecnica utilizzata non è intesa, però, come un espediente teso a ottenere un risultato d'effetto, 
ma piuttosto come l'esercizio protratto, lungamente studiato, per quella che si potrebbe definire 
un'educazione del gesto. E dietro di esso, educazione del respiro e dello sguardo. 
È una pratica, per qualche verso ascetica, utile a mondare la creazione di quanto non è strettamente 
necessario. In questo modo, l'immagine dipinta diviene il diaframma tra vicino e lontano, tra grande e piccolo. 
La pittura è tensione protratta verso ciò che infine rimane inafferrabile. 
Verso ciò che si nasconde dietro una sola pennellata. L'opera è metafora della lontananza, di una 
ricerca sempre diretta a qualcosa che non è nell'opera ma cui l'opera rimanda. 
Lontananza definitiva e incolmabile, dal momento che nel movimento del togliere quanto non è indispensabile 
si finisce per imbattersi nell'unica verità che all'artista, ad ogni vero artista, è dato conoscere e sulla quale 
tuttavia gli è concesso di indugiare, ovvero che tra pittura e immagine è l'arte stessa a non essere 
necessaria. testo di Domenico Papa

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