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        Capita, non di rado, a chi
        osservi i miei lavori di ricollegarli istintivamente a  
        delle frasi interrotte, a frammenti di un discorso incompiuto, fluttuanti vagamente  
        nella memoria, eppure non privi di un fremito
        emozionale.  
 Sarebbe facile motivare questa suggestione,col fatto che, dove il mio intervento diventa  
        più diretto e leggibile come azione, traspaiono spesso segni di linguaggio visivo, di scrittura. 
        Non c'è d'andare in cerca d'ascendenze fuorvianticome i "segni" di Barthes, ad esempio, o  
 come
        i "graffiti"di tutti i writers bianchi o neri),semplicemente le
        lettere(generalmente in corsivo)  
 mi sciolgono la mano, mi
        invitano,misteriosamente persuasive, ad approfondire il silenzioso
         
        colloquio con la materia. 
        Sta di fatto che sono proprio i materiali (anzitutto
        l'argilla)a sostenere il ruolo dominante del  
 mio lavoro, in cui
        cerco di portare alla luce le grandi energie che le terre (i
        legni,  
        i metalli) possiedono, evitando di edulcorarle e, anche
        quando sento necessario intervenire con forza, 
          mantenendo una
        zona di rispetto verso ciò che sto plasmando. 
        Infatti, attraverso le deformazioni, pur necessarie, non
        intendoche sollecitare a genuine risposte l'argilla  
 (e gli altri
        materiali che utilizzo), senza ricorrere ad un eccessivo
        "lavorìo" d'aggiustamento formale, che sarebbe,  
 a mio avviso,
        controproducente. 
        Ciò a cui miro è mettere in risalto quegli elementi chesono specifici d'ogni materia, nei quali io vedo, a torto  
        o a ragione, dei valori primari e lo faccio nel modo a me più
        congeniale ossia attraverso la manualità diretta. 
        La componente evocativa, nel senso di recupero di
        emozioni e di impressioni sedimentate nel passato, viene  
 fuori nel
        modo di lavorare a strati e nel non preoccuparsi di nascondere
        nulla:  
        le crepe della terracotta, i nodi del legno, le
        sfilacciature della tela, i rigonfiamenti dello stucco e del gesso ritengo 
          che
        siano altrettanto belli e preziosi del colore ad olio che, a volte, sottolinea
        alcuni particolarie c'è un gioco continuo  
 tra il sotto e il sopra, tra il
        rivelarsi di un materiale e il celarsi di un altro, tra il centro
        della composizione  
        e la cornice che ne è parte integrante.
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        Il colore non contribuisce a rendere più gradevoli i miei lavori; prediligo le tinte neutre,  
        il tono su tono, i contrasti di bianco e nero, al massimo sopporto il grigio.  
 Le tinte forti, amio avviso, potrebbero  
 attirare l'attenzione sugli effetti pittorici piuttosto che sull'essenza del  
 materiale in sé 
        Credo in ciò che faccio e per questo ho scelto di non dipendere da un lavoro regolare,  
 quindi mimantengo con altri espedienti; non tento di farmi una clientela né di seguire  
 una corrente alla moda,
          mi esprimo compiutamente e liberamente nei miei manufatti  
 e ciò mi basta, pur con tutti i rischi e le difficoltà, che un tale atteggiamento comporta. 
          Attualmente sto cercando d'applicarmi anche a realizzare oggetti d'uso
          comune  
          (come piatti,vasi, paventi, portaoggetti), sempre basandomi sulla
          lavorazione dell'argilla,  
          unitamente ad altri materiali complementari. 
          Quest'idea (nata dalla collaborazione con Giovanni Sangiorgi,
          architetto,  
          che generosamente mi ha reso disponibile uno spazio perfettamente
          attrezzato)  
          vuole essere uno stimolo ad una diretta convivenzacon l'arte o,
          almeno,  
          con utensili di qualche intenzionalità artistica. 
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        In controtendenza alla suddivisione dei compiti che sta diventando sempre più netta nelcampo della ceramica,  
 il mio metodo di lavoro (d'altronde semplicissimo) non comporta l'intervento di altre persone; preferendo  
        le strutture bidimensionali, parto da lastre d'argilla di varia ampiezza. 
        Questi moduli, irregolari e casuali, vengono ricoperti in alcune parti con ingobbio  
        (bianco su terra rossa) oppure sovrappongo strati di terre di diverso colore, che poiincido e scavo, spesso  
 fino a sfondare la lastra superiore.  
        L'insieme di queste "tessere" costituiscono, in fondo, la struttura dell'opera, che
          può articolarsi anche in composizioni  
        tridimensionali.
         
        L'unione dei moduli avviene in vari modi: unendo le lastre ancora crude con barbottina
          di un colore diverso  
 dal supporto oppure utilizzando, dopo cottura, materiali poveri (rame, ferro), che incorniciano la composizione e  
        vengono fissati ai lati.  
        In altri casi, ancora partendo da una lastra d'argilla, faccio il calco a forme
          predisposte in gesso d'oggetti d'uso, che  
        poi personalizzo con una manipolazione rapida, senza ripensamenti. 
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          GIOSAN design è uno studio di
        architettura e di arte applicata, nonché di ricerca,  
 che nasce da un'idea di Giovanni Sangiorgi, architetto e design.  
        Ha sede in Italia a Faenza, nota città di cultura e tradizione per la ceramica. 
        La produzione della -GIOSAN design- è di carattere esclusivamente artistico, le opere
          sono realizzate  
 con materie ceramiche, sulle quali si elabora una continua ricerca, con particolare attenzione al recupero  
 e quindi al riutilizzo di tutte le materie prime e semilavorate. Tutte le opere e gli oggetti sono unici.
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         Maionese  Carta
        Bianca | 
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