Sara Grazio nasce a Legnago in provincia di Verona nel 1981, si diploma all’Accademia 
di Belle Arti nel 2006 a Venezia, dove vive fino il 2009. 
Attualmente vive e lavora tra Torino Venezia e Verona. 

Nella sua ricerca l’immagine fotografica è il surrogato di una fisionomia che si 
trasforma, su cui si fissano simboli come sintomi del conflitto interiore. Diviene una 
vera e propria ostensione delle proprie metamorfosi.
Attraverso una introspezione interiore si mostra al fruitore nelle varie sfaccettature 
della sua personalità.
Nei lavori recenti l’utilizzo dei colori bianco e nero come due principi antagonisti 
ma allo stesso tempo bilanciati tra di loro, costituiscono la dualità all’interno di 
se stessa, un tentativo di trovare un equilibrio interiore spesso traviato dalle 
pulsioni e dagli stimoli che si presentano nella vita di tutti giorni. 
Attraverso molti dei suoi lavori cerca di appropriarsi non solamente del loro concetto 
simbolico, ma anche della fisicità dei soggetti utilizzati, identificandosi completamente. 
Attraverso la deformazione strutturale dei moduli o soggetti utilizzati mette spesso in 
risalto alcuni elementi della forma in sé che ricordano l’organo sessuale della donna e 
che gli appartiene; spesso si ricollega alla sessualità, fecondità, passione, trasgressione, 
alla purezza di un amore, ingenuità e alla maternità.
Il più delle volte le strutture create divengono una sorta di nido aperto, una cavità, 
un passaggio o collegamento nel quale il lato interiore interagisce con l’esterno 
catturandone il fruitore. 
Dal 2006 comincia a partecipare ad eventi espositivi d’arte contemporanea, tra i quali ricordiamo
COLLETTIVE
2009
CAPTCHA”, rassegna “ Jerk”, presso “Stranamore”, Pinerolo, Piemonte. 
A Cura: galleria e associazione culturale “En Plein Air contemporanea” .

“FORMINSIDE” , Villar Dora in Piemonte. 
Curatore mostra e catalogo: Lisa Parmigiani.

“ DAIMON 3”, ex carcere “Le Nuove”, Torino, Piemone. 
A Cura: associazione culturale “Paradigma”, Luca Andriolo, Gian Alberto Farinella, 
Elisabetta Tolosano e Michele Bramante. Catalogo: Massimo Pagano

DON’T TOUCH ME”, rassegna “Maionese edizione XII con “Alda e le Altre”. 
- ex Monastero della Beata Vergine delle Grazie, Villafranca, Piemonte.
- Galleria “ En plein Air contemporanea”, Pinerolo, Piemonte.
A Cura: Elena Privitera e Michele Bramante 

“DARWIN”, Sala Mostre “Associazione Lucana in Piemonte Carlo Levi” e 
“Fondazione Giorgio Amendola” Torino, Piemonte. 
Curatore mostra e catalogo: Loris Dadam
2008
DIGIFABULA”, rassegna “Maionese edizione XI”, 
galleria “En Plein Air contemporanea”, Pinerolo,Piemonte.

“ FREE CAMPING ART” ,Parco Bellegarda, Alpignano, Piemonte. 
A Cura: associazione culturale “Paradigma” in collaborazione con
“Circolo degli Artisti di Torino e Cooperativa Altroché”. 
2006
“ ABITARE IL CONFINE”, museo “Forte di Finestrelle”, Finestrelle, Piemonte.
A Cura: Domenico Papa , associazione culturale “Phanés” , 
“Verbis - editoria e comunicazione”.
L’opera è composta da 12 pannelli di misura 50x60 di plexiglas bianco opalino da posizionare su parete. 
Su ciascuno dei pannelli vi è applicata al suo centro una lastra di misura 30x40. 
La lastra dello stesso materiale del pannello sporge da questo di 2 cm. Su di ogni lastra vi è una stampa 
fotografica a colori. 
Le immagini si mostrano porose di superficie nelle parti scure e di colore intenso, mentre lucide patinate 
nelle parti chiare e bianche. Grazie l’utilizzo di questo materiale le immagini stampate diventano più corpose, 
riescono a catturare la luce circostante caricandosi di colore o riflettendola a sua volta; se posizionate 
contro di essa si retro illuminano facendo acquisire all’immagine un po’ di tridimensionalità ed un aspetto 
diverso. La struttura completa, una volta appesa alla parete, si mostra al fruitore percettivamente diversa 
in base alla direzione prospettica in cui egli si trova. Se vista di scorcio laterale, il pannello di fondo 
si presenta visivamente trasparente riflettendo l’ambiente circostante, spostandosi verso una direzione 
frontale, il pannello di fondo perde gradualmente trasparenza acquistando una colorazione bianca, fino a 
mostrarsi frontalmente di un bianco carico, intenso ed assumendo in questo modo la sembianza di una cornice. 
PERSONALI:

2008
“PRIGIONI D’ARIA “,galleria “ Nuvole Arte contemporanea” , 
Montesarchio (Benevento), Campania.
A Cura: Galleria “ Nuvole Arte contemporanea” , Montesarchio (Benevento), 
Campania. Testo critico: Domenico Papa

“MAIONESELIGHT”, mostra on-line, rassegna “Maionese edizione XI ”, 
galleria “ En Plein Air contemporanea” ,Pinerolo, Piemonte. 
A Cura: Galleria e associazione “ En Plein Air contemporanea” di Pinerolo (To)

“SPAZIO FISICO/MENTALE” , rassegna IV “Collettivo Artisti”, 
“Diwan Cafè”, Torino, Piemonte .
A Cura: Mimmo La Grotteria. Testo critico e presentazione: 
Michele Bramante, Federica Tammarazio.
2007
“ GIOCO IRONICO” , rassegna“ Aperitivo d’artista. 
Incontri tra arte ed estetica”, “Spazzi”, Torino, Piemonte. 
A Cura: Domenico Papa.Testo critico e presentazione: Domenico Papa..
testo critico di Michele Bramante
Se esistono spazi di diversa densità ed intensità, Sara Grazio si sofferma sul riflesso interiore, 
sulla traccia della propria presenza, dove questa sembra inestricabile dalla sede 
dell'emotività. Lo spazio a cui Grazio rivolge la propria attenzione è quello sfuggente nucleo a 
cui sembra ridursi interiormente il rapporto ambiguo, conflittuale, con gli stimoli esterni della 
storia privata. Davanti ai suoi simboli è possibile intuire vicende, immaginarne frammenti 
emotivi, senza poter ricostruire una vera narrazione. L'immagine fotografica è il surrogato 
della propria pelle, di una fisionomia che si trasforma, su cui si fissano simboli come sintomi 
del conflitto interiore. La difficoltà di un ricordo che emerge nonostante tutto, l'insostenibile 
necessità di soffrire nostalgicamente per un passato da lasciare alle spalle, creano una 
sospensione fra nevrosi e catarsi artistica. Il racconto suggerito parla della pericolosità 
dell'abbandono, dell'impercettibile metamorfosi che un sentimento ineffabile per intensità 
imprime nella persona, fino a diventarne parte integrante, fino a privare del fiato quando viene 
a mancarne l'oggetto del suo senso. L'invito espressivo dell'artista è la richiesta di 
partecipazione al riconoscimento dell'ineluttabile ambivalenza della passione. L'osservatore è 
mantenuto nella tensione fra il cedimento alle pulsioni, sollecitate a più livelli dall'immagine, e 
ansie inconsce per l'abbandono. Sara Grazio articola quest'ambiguità, attraverso la 
pregnanza semantica delle sue immagini, in una sorta di palinsesto simbolico: la rosa del 
deserto che cristallizza tra l'organico e il minerale ed ha bisogno di aridità per la propria 
crescita; il cibo - le rose fotografate sono elaborazioni in cioccolata dell'artista - richiama il 
rapporto patologico al suo consumo da cui scaturiscono spesso malattie psicofisiche; infine 
l'amore, e la voluttà di cui si incarna. Le funzioni dell'inconscio analizzate dalla psicanalisi 
possono spiegare l'associazione immediata - e non dissimulata dall'artista - delle immagini 
all'organo femminile; la seduzione è amplificata dalla qualità patinata, dagli ammiccamenti dei 
riflessi luminosi. Ma spiegano altresì il morboso disagio e la sottile inquietudine di fronte a 
quella potente e turgida seduzione: paura di castrazione, coazione reprimente della norma 
sociale; forse anche un fenomeno di transfert attraverso la collimazione del dolore dell'artista 
con il ricordo personale di chi osserva occupando lo spazio pubblico. Il rapporto con l'esterno 
è sempre esplicito nella ricerca di Grazio. A differenza di una galleria, dove spesso il 
visitatore è accolto come un intruso in un spazio autonomo da cui riceve passivamente la 
visione in modo veemente ma non tangibile, lo spazio non convenzionale offre a Grazio la 
possibilità di un rapporto intersoggettivo con l'ambiente scelto per l'ostensione delle proprie 
metamorfosi. Grazio comunica, avvertendola prima in se stessa, una profondità fatale, il 
fascino di profumi e colori di un fiore velenoso.
Michele Bramante.

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