Angela Sepe Novara        

Domanda - 
E’ questo che la trattiene, oppure il timore di poter essere “guarita”, di poter
perdere l’ispirazione?
Risposta - 
Nel dubbio rifiuterei. Guai isterilire la mia fantasia visionaria, guai rischiare,
soltanto per privilegiare certi aspetti pseudo terapeutici. No. Grazie.

Domanda - 
Dunque l’arte, è comunque malattia, o può essere anche terapia?
Risposta - 
Meglio preservare i miei travagli, piuttosto che scavare per liberarmene.
Solo così posso autenticare il mio linguaggio, lasciandolo implicato nelle
mie strutture, sedimentate ormai nelle periferie della mente…col rischio
di perdere la vena….

Domanda - 
Che cosa significa “vena” . ispirazione? Suggestioni?
Risposta - 
Semplicemente il desiderio continuo di creare nuovi spazi mentali…..

Domanda - 
Dove fuggire, dove espatriare, per difesa, oppure per aggiungere qualcosa
al mondo?
Risposta - 
Fuggire no. Non mi interessa fuggire dai valori in cui si vive. Ma offrire
agli altri questi mondi, che poi come ho detto, ritornano a me potenziati.
Si, tornano indietro. Insomma con la pittura mi auguro di regalare spazi,
e tempo, anche.

Domanda - 
Il tempo dello sguardo o un tempo più interiore?
Risposta - 
Cerco un confronto. Forse un duello.

Domanda - Un duello per vincere o per mettersi in confronto?
Risposta - 
Vincere o restare comunque in piedi.Un duello con il mondo esterno,
per entrare in competizione con il mondo. Anche con una speranza, 
quella di non perdere mai l’aspetto poetico dell’esistenza.

Domanda - 
Di qui quella trasparenza liquida, permeabile che connota i suoi acquarelli?
O vulnerabile?
Risposta - 
Si nei miei lavori c’è sempre un filo anche sottile di poesia, il mio “dentro”
viene fuori per raccogliere quel fuori che mi torna dentro…. mi espongo
per ricevere. Dando qualcosa di me aiuto la mia costante ricerca. Attraverso
valenze interlocutorie visive, mi relaziono nello spazio e nel tempo. Forse
mi aiuto a soffrire di meno.

Domanda - 
Torniamo quindi all’aspetto terapeutico dell’arte?
Risposta - 
Forse, anche se non vorrei che si privilegiasse quest’aspetto se pure c’è.
E’ il mondo che penetra fin li. Ma non voglio cancellare il mondo, anzi.
Mi rifaccio spesso alla rabbia che ho dentro, la trovo idonea per penetrare
certi recessi. Così guardo gli artisti della Secessione Viennese, perché
mi piace la loro brutalità estetica, la loro violenza quasi gergale.

Domanda - 
Ritorna a galla la sua duplicità di carattere?
Risposta - 
indubbiamente. Qualcosa di questa ambivalenza, la ritrovo anche nella 
Secessione. Schiele, Klee, Klimt. Poesia e durezza. Nuda ed spoglia.
Per questo preferisco a volte Schiele a Klimt, troppo gentile. Schiele,
forse più poeta, più mago. Ecco la durezza alla quale ambisco, e che spero
di raggiungere a tratti. Se no avrei risplto i miei problemi. Sono questi i 
pittori che intervengono come una sferzata a stimolarmi.

Domanda - 
Altre influenze altrettanto dirette?
Risposta - 
Poche – Bacon, l’ostico artista dai sentimenti negati, ritrovati invece poi 
Fluttuanti, nelle deformazioni delle immagini…. E poi Burri, così radicalmente
Francescano….e Mattioli magistralmente sobrio ed essenziale… ma tornerei
ancora a Schiele. Direi che incarnava bene, quella pseudo-durezza che dà la
misura dell’irruenza che c’è dentro ad ognuno di noi. Lui la traduceva a meraviglia.

Domanda - 
Ma per esempio Victor Hugo, Moreau, o Odilon Redon?
Risposta - 
Forse Redon e Kafka. Victor Hugo ha un patrimonio per me troppo drammatico.

Domanda - 
e la torinesità nebbiosa di certi artisti surrealoidi?
Risposta - 
Certo. Ritornando ai primi del Novecento, mi attira molto Casorati, con la sua
freddezza un po’ impassibile enigmatica, quella laconicità che mi attrae, le sue
donne statiche come tazze bianche. Lo stesso messaggio sensa scampo, un po’
algido di Modigiiani. E poi Calandri che adoro, e certi primi disegni di Menzio,
e…. 

Domanda - 
Quello che è certo è che non gliene importa nulla degli impressionisti….
Risposta - 
Oggi li guardo con gli occhi dello “storico”… Non mi intrigano più, ad eccezione
Di Degas e Toulouse Lautrec.

Domanda - 
E i suoi “fogli” come li vede?
Risposta - 
A volte la rappresentazione del “dentro” si traduce fra suggestivi momenti di 
Travaglio. Passo ore a guardare il foglio bianco. Preparo i colori, gli stracci i
Pennelli…. Ogni volta tutto si svolge come per un rito propiziatorio. Iniziare…
Profanare…..

Domanda - 
Ma l’immagine nasce prima di materializzarsi sul foglio, e sul foglio si traduce, 
oppure ha bisogno della tela?
Risposta - 
La tela è essenziale…nulla nasce senza il suo bianco, ed è quello che guardo, 
intensamente, a volte temendo che non ne nasca più nulla, che l’idea, l’immagine
non esca più. Stupore e paura.

Domanda - 
Ma la paura, non è già pittura?
Risposta - 
Penso proprio di si. E’ forse proprio quella paura che ci spinge a tentare di parlare.

MARCO VALLORA
Roma, Settembre 1996

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